venerdì 26 agosto 2011

Javi Poves, il calciatore che ha detto basta, troppi soldi!



Una storia che sembra provenire da un altro secolo o addirittura da un altro pianeta quella di Javi Poves, nelle ore in cui i russi dell’Anzhi trattano il trasferimento di Eto’o con l’Inter e club come Malaga, Psg e Manchester City vengono rinforzati a suon di milioni dagli sceicchi del petrolio.
Sembra come se il ventiquattrenne spagnolo dello Sporting Gijon sia sceso dalla De Lorean della fortunata serie televisiva di Ritorno al Futuro e si sia ritrovato catapultato in un mondo che non è il suo.
“Il calcio professionale è solo denaro e corruzione, è capitalismo e il capitalismo è morte. Non voglio più far parte di un sistema che si basa su ciò che guadagna la gente grazie alla morte di altri in Sudamerica, Africa o Asia. A cosa mi serve guadagnare tanto se ciò che ottengo è frutto della sofferenza di molta gente? Per me si dovrebbero bruciare tutte le banche”. Parole pesanti, spunto di riflessione per uno sport che sembra essersi addentrato in un tunnel senza uscita. Dichiarazioni che in poche ore fanno il giro del web e la pagina facebook del calciatore riceve migliaia di apprezzamenti che si moltiplicano minuto dopo minuto, in poco tempo viene ribattezzato “il calciatore rivoluzionario”.
Già, nell’era in cui tutto è artificiale i gesti genuini che nascono dal cuore e che dovrebbero rappresentare la normalità assoluta divengono rivoluzionari, Javi Poves non è un ragazzo normale che vuole vivere una vita normale ma un rivoluzionario d’altri tempi.
Forse i tempi del calcio sbiadito, senza tv, coi campi in terra battuta e le maglie di cotone senza sponsor, sono lontani anni luce dalla realtà odierna, anni in cui le bandiere erano il simbolo di un calcio che faceva innamorare i ragazzini tanto da farli immedesimare nel loro idolo durante le partite in cortile con le ginocchia sbucciate a testimoniare l’impegno profuso.
Grazie Javi Poves, ragazzo normale, anche se sarai soltanto una goccia nell’oceano, se il mare fosse formato da tante piccole gocce come te, sarebbe sicuramente più limpido.


Abbaia fino all’arrivo dei carabinieri, poi muore insieme alla sua padrona



Una storia che farebbe ricredere anche Cartesio quella avvenuta a Calderara di Reno alle porte di Bologna. Già, il filosofo francese del “cogito ergo sum” che qualche secolo fa asserì il concetto dell’uomo macchina perfetta dotato di coscienza e ragione al cospetto dell’animale, macchina priva di entrambe le facoltà, incapace di provare dolore se non in maniera meccanica e artificiale.
Axel, un bulldog inglese di sette anni, con la sua tragica vicenda ha dimostrato il contrario. Ha abbaiato per oltre un’ora, tentando di richiamare l’attenzione dei vicini nei confronti della settantaquattrenne padrona che si era accasciata al suolo colpita da un malore, ha guaito incessantemente fino all’arrivo dei carabinieri che una volta individuato l’appartamento sono riusciti a fare irruzione grazie ad un parente che aveva le chiavi di casa. Purtroppo l’intervento dei soccorritori si è rivelato vano, la donna non ce l’ha fatta ed il fedele amico a quattro zampe si è prostrato accanto all’anziana morendo congiuntamente a lei.
I veterinari hanno poi dichiarato che a causare il decesso è stato il crepacuore, un episodio tragico e bello al tempo stesso quello di Axel e della sua padrona, un aneddoto che evidenzia l’amore e la fedeltà dei cani nei confronti dei loro possessori, un legame indissolubile che solo l’uomo, nella teoria cartesiana macchina perfetta dotata di coscienza e ragione, è in grado di spezzare, magari su un’autostrada in una calda giornata d’agosto, prima di partire per un lungo viaggio.